Recensione: Coppola-Di Bella, “Il Tempo E La Voce”

Ok, su TraKs non succede proprio tutti i giorni di occuparsi di poesia, specialmente di poesia del Duecento. Ma siamo sicuri che tu, lettore affezionato, abbia imparato che su queste pagine puoi trovarti pressoché qualunque contenuto, perciò sarai sorpreso, ma fino a un certo punto da un disco come Il Tempo e la Voce.

Il progetto è firmato da Enrico Coppola, storico dell’arte, autore e musicista siciliano e Giuseppe Di Bella, cantautore e poeta, nonché direttore di una collana di poesia contemporanea. L’album prevede la rilettura di alcune liriche dei poeti siciliani del Duecento, che appresero lezioni dai poeti provenzali e le trasmisero ai toscani, fino ad arrivare a Dante, Petrarca, Boccaccio e ai primordi della lingua e della poesia italiana.

La musica scelta per accompagnare questi piccoli gioielli è ovviamente acustica e piuttosto adattata all’epoca, posto che Di Bella e Coppola non rimangono prigionieri della suggestione dell’utilizzo degli stessi strumenti che si potevano trovare alla corte di Federico II, il che sarebbe stato piuttosto limitante.

Il Tempo e la Voce traccia per traccia
La prima traccia del disco è Meravigliusa-menti, di Giacomo da Lentini, resa con dolcezza e con l’aiuto di percussioni e archi. Un’apertura morbida che introduce al suono, ricercato e attento alle abitudini dell’epoca, che caratterizza anche il resto dell’album. Si prosegue con Amuri ‘un voli ch’eu clami, sempre di Giacomo da Lentini, più aspra e movimentata.

Si passa a Tommaso di Sasso con D’amurusu paisi, malinconica e intensa, comparabile a episodi molto più tardi della tradizione melodica italiana. Si torna a Giacomo da Lentini con Eu m’aiu postu in cori a Deu serviri, breve e accorata. Pier della Vigna è l’autore dei versi di Unu placenti sguardu, tra le più baldanzose, con un tocco quasi beatlesiano tra gli accordi.

Nascosta nelle pieghe di La dulzi cera placenti, di Giacomo Pugliese, ci sono accenti sensuali placati da suoni e toni malinconici. Giuiusamenti cantu, di Guido delle Colonne, celebrazione della vita e dell’amore, si presenta con sentimenti positivi e la chitarra in evidenza.

Ormäi quandu fluri, da Rinaldo d’Aquino, si concede una pausa molto morbida, anche se con qualche divagazione in coda. Si torna a Giacomo da Lentini con Lu visu mi fa andari alegramenti, non così felice come suggerisce il titolo. Mentre l’umore è buono e l’arrangiamento articolato con Pir meu cori allegrari, su versi di Stefano Protonotaro.

Iamäi nun mi confortu (Rinaldo d’Aquino) esprime il proprio dolore con rinforzi da parte del basso. Si chiude con Nun trovu cui mi dica cui sia amuri, d’autore anonimo, tranquilla e con accenti quasi blues.

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori (soprattutto le donne) della tradizione trovano giusta collocazione ne Il Tempo e la Voce. Il lavoro di Di Bella e Coppola aiuta a entrare in relazione con versi lontani soltanto in modo apparente. Senza volontà di strafare, i due presentano un lavoro complesso da assemblare ma semplice da ascoltare, ricco ma essenziale, forte nei fondamenti e gentile nella propria espressione.

Photo by Enrico La BIanca

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