Qualche anno fa i percorsi individuali di Giuseppe di Bella ed Enrico Coppola diedero vita ad un sodalizio artistico che venne concretizzato nel loro primo disco in duo Il Tempo e La Voce: si trattava di un progetto sulla riproposizione delle liriche della Scuola Siciliana, mosso dal desiderio di far rivivere una letteratura ammantata dall’alone di un passato lontanissimo. Una scelta senza dubbio distante dalle tendenze del cantautorato attuale. Fieri delle loro peculiari ricerche e della risposta positiva del pubblico, Di Bella e Coppola tornano a distanza di cinque anni a proporci la loro musica con un disco dal carattere fortemente teatrale.
Questa volta parliamo di Orfeo, un concept album scandito per “quadri” che narrano la storia del mito in un’ alternanza di melodramma e canzone d’autore. Un racconto che restituisce in chiave assolutamente personale le suggestioni di cui tanta letteratura e tanta musica sono intrise. Il duo fonde nella sua opera gli echi di una mitologia che ha viaggiato nel tempo fino ad arrivare a vestire i panni della contemporaneità.
Entriamo dunque nel mondo di questo prezioso lavoro a partire dal dipinto del Maestro Agostino Arrivabene che impreziosisce la copertina e che ci accompagna, con i suoi dettagli, nelle pagine dell’intero libretto. A fare gli onori di casa è la voce narrante del cuntista Mimmo Cuticchio, che introduce la nascita di Orfeo sulle note vivaci ed arcaiche di un piano a cilindro, rievocando l’atmosfera dell’Opera dei pupi di cui è esimio rappresentante. Quella dei due amanti è una storia d’amore che ha raggiunto una fama che va oltre il tempo. Orfeo, il vedovo affranto dalla scomparsa della sua amata che non riesce a riportare in vita dal regno dei morti perché troppo innamorato e impulsivo ed Euridice, la driade, che cerca con la sua voce di riportare a sé il suo uomo. Un’attenta drammaturgia musicale accompagna le voci dei due personaggi che non si incontreranno mai, neanche alla fine del disco, come se l’assenza e la lontananza fossero la forza propulsiva di un amore cantato per essere realmente dischiuso e liberato.
Giuseppe di Bella presta la sua voce cristallina e ineffabile al personaggio di Orfeo che ci regala il suo canto limpido e assetato d’amore mentre Ilaria Pilar Patassini (nella foto di Paolo Soriani) gli fa da contraltare con altrettanta maestria nel ruolo di Euridice, la ninfa dei boschi. Un dialogo struggente quanto avvolgente, immerso in una scrittura musicale che sottolinea in maniera originale lo stato emotivo di ciascuna composizione. Arrangiamenti di un complesso e ricercato minimalismo pongono l’accento sulla vocalità senza però perdere di vista il tessuto narrativo. Il pathos risulta il grande protagonista che Enrico Coppola e Giuseppe Di Bella ridisegnano nella loro scrittura. Ci viene suggerito un distacco spazio temporale in cui una morale antica diventa universale e perde i riferimenti geografici; l’unico grande riferimento, invece, resta indubbiamente la Sicilia come humus comune per Di Bella e Coppola e alcuni altri artisti ospiti come i Fratelli Mancuso che offrono un loro intenso cameo di voci e chitarre in Acheronte e Stige insieme a Carmelo Colajanni al duduk armeno. A materializzare i personaggi ci sono anche le affabulatorie e seducenti voci di Cinzia Maccagno e Attilio Ierna.
Orfeo è la personificazione del canto e della poesia, seduttore di uomini e animali: la forza dei suoi versi commuove, intenerisce, appassiona, tocca l’animo e le fibre di chi ha modo di ascoltarlo accompagnato dalla sua lira. Per questo, sin dall’antichità ogni artista si è identificato con lui, ha voluto vestire i suoi panni e ha cercato di ravvivarne il mito con una sua personale interpretazione. Tra i testi, oltre alla penna del duo Di Bella-Coppola, troviamo la firma di Pilar in Non è stato il serpente e scoviamo anche un omaggio a Rainer Maria Rilke. Giovanni Arena ha invece firmato tutti i raffinati arrangiamenti mentre cogliamo il gusto rarefatto di Federico Ferrandina che ha interamente musicato il brano Abbandono.
Auguriamo a questo lavoro ricco di contenuti di trovare presto un palco dove essere presentato insieme a tutti i musicisti e agli attori che ne hanno preso parte.
Viviana Berardi da L’isola che non c’era